L’emergenza che stiamo vivendo sta mettendo a dura prova le nostre comunità: solitudini che non possono trovare conforto dalla visita di familiari o vicini, lutti che non possono essere accompagnati e nemmeno rielaborati, tensioni e fatiche dovute alla convivenza forzata e quotidiana alla quale non eravamo abituati, povertà che riaffiorano quando si pensava che ormai gli effetti della grande crisi di dieci anni fa fossero definitivamente superati.
Il virus ha messo a nudo tutte le criticità del nostro stile di vita: il tempo che sempre rincorrevamo perché mai ne avevamo abbastanza o forse riempivamo così tanto per sentirci utili ed indaffarati, oggi sembra non passare più e addirittura ci trova impreparati a sapere come bene investirlo; le persone care, i colleghi di lavoro, gli incontri occasionali che prima davamo per scontati e talvolta ci annoiavano anche un po’, oggi li rimpiangiamo e vorremmo quanto prima tornare a vederci, confrontarci e magari anche litigare. Tutte quelle relazioni al quale non abbiamo dato mai troppo peso – in fin dei conti ci si incontrava abitualmente – tornano prepotentemente a mancare dai nostri cuori.
Dall’altra parte il virus, come tante tragedie degli ultimi anni nel nostro paese, sta mettendo in moto tanta solidarietà: ognuno offre il suo contributo, piccolo o grande che sia; si è risvegliata la voglia di essere utili per gli altri e fortissimo sentiamo un senso di comunità, di essere parte di un’unica grande famiglia, la famiglia umana. E’ questo recuperato – era solo un po’ assopito – altruismo che può farci guardare al futuro con speranza. Come più volte ci ricorda Papa Francesco “nessuno si salva da solo”, lo ha ripetuto anche nella meditazione di venerdì scorso ricordandoci che “anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme” ed oggi più che mai lo viviamo sperimentandolo sulla nostra pelle: abbiamo bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi e noi possiamo prenderci cura del prossimo. E’ bello vedere che questo sta già accadendo a vari livelli: i capi di stato che sono chiamati a scelte politiche importanti; i medici, gli infermieri e il personale sanitario che strenuamente combattono per salvare quante più vite possibili, rischiando di contrarre il virus; i tanti giovani volontari che si occupano di piccoli gesti quotidiani di vicinanza a chi è più solo; i sacerdoti ed i religiosi che pregano e accompagnano i defunti e le comunità con le loro benedizioni; i lavoratori che stanno permettendo la produzione e la commercializzazione di prodotti indispensabili. Ognuno è chiamato a prendersi cura dell’altro, anche semplicemente stando nella propria abitazione al fine di non diventare potenziale veicolo del virus.
La caritas diocesana di Fidenza e le caritas parrocchiali stanno cercando di prendersi cura come sempre di chi anche in questa situazione si trova ad essere “ultimo”. Piccoli gesti di vicinanza che si rendono concreti attraverso la mensa diocesana che tutti i giorni – esclusi i festivi per ora- offre un sacchetto da asporto per pranzo e cena; o attraverso le telefonate che ciascuna parrocchia sta facendo alle famiglie in difficoltà, portando una parola di conforto e in un secondo momento un sostegno alimentare a domicilio.
Si intravedono all’orizzonte tempi difficili, perciò immaginiamo già ulteriori ed importanti iniziative: certamente tra queste si prevederà una raccolta fondi. Già ora, chi volesse contribuire, lo può fare attraverso un versamento sul conto corrente della Fondazione Mons.Giberti Onlus al codice iban IT 56 X 08454 65730 00000 0210467.